L’eleganza, lo splendore e la vividezza della pittura del Veronese saranno una delle più profonde fonti di ispirazione del più magnificente successivo barocco. Il tratto del celebrato pittore veneto, risplende in questa nota e splendida tela raffigurante le nozze di Cana. Ambientata in una cornice classica, la scena cerca di esprimere il senso di un coinvolgimento di tutti all’evento. Il contesto è contemporaneamente aperto e chiuso: una balaustra delimita il convito ma è solo una finzione atta ad esaltare ancor di più il carattere caotico e dinamico della scena. Per forza di cose, pare che il Veronese abbia letto l’episodio giovanneo avendo in realtà in mente un’altra immagine: quella della chiamata universale alle nozze. Nella parabola, il re chiede ai servi: “tutti quelli che troverete, invitateli alle nozze” (Mt 22,9). Ed infatti “la sala delle nozze si riempì di commensali”, di buoni e cattivi commensali. Questa universalità dell’invito, che sorprende e magari scandalizza, viene accentuata dal pittore veronese attraverso la descrizione di un banchetto, che coinvolge persone di ogni genere, cultura, estrazione, anche di animali. È proprio la concezione di una vita che ha come scopo e definizione la chiamata al convito, in cui si può partecipare come si vuole, purché si risponda all’invito. Forse però l’unica condizione è sottolineata dal testo evangelico come dall’opera in questione: indossare l’abito nuziale e così evitare il rimprovero del Maestro descritto dalla parabola (Mt 22,12). Ma il volto solenne, profondo e austero di Gesù, al centro della scena, che osserva l’osservatore, sembra proprio in fondo chiederci: cosa significa indossare il vestito nuziale?
P. Saul Tambini
Paolo Caliari, detto il Veronese, Nozze di Cana, 1563, Museo del Louvre – Parigi
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