Diversamente da ciò che spesso viene detto circa questa nota tela di Tiziano, essa raffigura non l’episodio del ritrovamento della moneta da parte di Pietro, ma il quesito rivolto a Cristo circa la liceità del tributo a Cesare. “Di chi è questa immagine?” (Mt 22, 20), chiede il Maestro al suo interlocutore, che intendeva coglierlo in fallo. Nell’opera si comprende bene che lo sguardo di Cristo, insieme sereno e severo, interrogativo ed assertivo, è contrapposto a quella della moneta. L’inviato dei farisei dovrà dunque chiedersi, prima della necessità del pagamento del tributo, il significato da attribuire a quel volto. Gesù stesso infatti, nel vangelo di Giovanni, dirà “Chi ha visto me, ha visto il Padre” (Gv 14, 1). Egli dunque è “l’immagine del Dio invisibile” (Col 1,15). Se quel volto è Dio, dunque il valore della moneta appartiene alla sola circostanza del mondo. Ora, l’invito a rendere a Cesare quel che è di Cesare lo si comprende facilmente, ma che cosa si renderà a Dio per “quel che è di Dio” (Mt 22, 21)? Anche il salmista se lo chiede: “Che cosa renderò al Signore per quanto mi ha dato?” (Sl 115).
Tiziano, Cristo della moneta, 1516, Gemäldegalerie – Dresda.