“Quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me” (Gv 12,33), afferma Gesù nel suo ultimo giorno, prima delle definitive confidenze e la salita al Calvario nel vangelo di Giovanni. Quest’opera celeberrima del grande Rubens coglie benissimo la volontà del Figlio di Dio, quella cioè di mostrare il suo sacrificio come uno spettacolo per il mondo. Nel senso etimologico di essere un teatro per lo sguardo del mondo, per una visione che tutti attiri a sé. Dopo che sente dire che i Greci lo cercano, anzi lo voglio vedere (Cfr. Gv 12,21), il maestro di Nazareth, con questa espressione che Rubens declina in modo mirabile con tutta la forza della sua pittura (niente è stato in pittura più eloquente dell’arte del maestro fiammingo!), sembra rispondere definitivamente così: in questo modo voglio essere visto, perché questa, non un’altra, è l’ora della mia gloria (Cfr. Gv 12, 23). Tutti dovremo vederlo così. Un cristoforo solleva alle spalle di Gesù la croce, contribuendo con tutti gli altri, più o meno consapevoli di essere solo attori di un dramma universale, all’innalzamento del Figlio. Egli guarda noi, osservatori sgomenti ed incantati della maestria del pittore di Anversa, ma ancor di più trascinati dallo stesso maestro a contemplare una scena che mai vorremo vedere. Egli sembra davvero chiederci: che cosa vedi veramente? Che cosa significa tutto ciò?
P. Saul Tambini
Pieter Paul Rubens, Innalzamento della Croce, 1610-1611, Cattedrale di Nostra Signora – Anversa.
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