VI di Pasqua – L’Arte racconta la Fede – «… Che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi»

Questa drammatica scena, dipinta magistralmente da van Dick, raffigura la cattura di Gesù nell’Orto degli ulivi. Tutto ciò che sta alla destra di Gesù è come piegato verso di lui in una concitazione drammatica ed euforica. Il movimento della folla è chiaramente ostile e ci restituisce realisticamente ciò che è descritto nei vangeli, ma con una tinta assai più tragica. In tutto questo, la postura di Gesù appare stranamente eretta e imperturbabile. Avvolto da vesti cremisi e fiordaliso, Egli fissa gli occhi di Giuda, nel momento del suo tradente bacio e prende teneramente la sua mano mentre sta per chiamarlo amico. Questa parola, così comune e feriale, è ciò che sembra fermare la scena: tutti ci sentiamo attratti dal senso della relazione che si instaura tra Giuda e il Maestro. Dentro quella relazione sembra come sospendersi tutto, e ciò che avviene nella scena è come esterno ad essa. Ciò su cui vuole farci riflettere il grande pittore fiammingo è la grazia di un amore così radicale e incondizionato. Paolo scriverà di questo: “mentre eravamo nei peccati Cristo è morto per noi” (Rm 5,8). Mentre, non prima, eravamo innocenti, non dopo, eravamo pentiti: durante. Cristo qui, con consapevolezza drammatica, chiama il traditore amico, appena dopo aver detto: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici” (Gv 15,13). In questa scena, non c’è un solo uomo dalla parte di Cristo. Tutti ci appaiono, persino fisicamente, piegati sulla propria rabbia, sulle rivendicazioni del proprio io. Cristo mostra la sua tenerezza solenne e il suo incondizionato amorevole sguardo per affermare su tutto un amore più grande, il solo capace di sanare e redimere ogni rivendicazione e ogni rabbia, ogni malizia e ogni arroganza, ogni violenza e ogni pretesa.

P. Saul Tambini

Antoon van Dick, La cattura di Cristo, 1620, Museo del Prado – Madrid.

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