XXI T.O. – L’Arte racconta la Fede – «Ascoltatemi tutti e comprendete bene!»
La nota monumentalità del Veronese, ci permette di assistere ad una scena celebre: il ritrovamento di Gesù a Gerusalemme, nel tempio, tra i dottori della legge. Sullo sfondo possiamo scorgere Maria che, finalmente, raggiunge e riconosce suo figlio. Ma al grande artista veneto interessa maggiormente il significato di questo evento. Pone perciò Gesù al centro, su un piano rialzato, mentre indica chiaramente il cielo e si confronta con autorevolezza con i suoi interlocutori Questi sono tutti indaffarati a indagare nella Scrittura la veridicità dell’insegnamento di colui che, più tardi, diventerà Maestro che “parla con autorità” (Cfr. Mc 1,22). Dunque, il Caliari ci mostra questa scena più come un insegnamento autorevole, che come un ritrovamento vero e proprio. In questa scena così maestosa e cattedratica, la concitazione generale che Gesù scatena vuole mostrare tutta la novità di questo insegnamento e soprattutto evidenziare che esso non è in contraddizione con le Scritture ma il suo più autentico compimento. Più tardi, nel discorso della montagna, il Signore lo riaffermerà. Perché dunque la concitazione, l’agitazione generale? Lo possiamo desumere in parte da questa magnifica opera. Al centro esatto di essa, ai piedi del fanciullo di Nazareth, troviamo una clessidra. Gesù intende presentarsi come compimento di un piano divino, che non può che suscitare sgomento e preoccupazione. Poi vediamo un uomo che indica se stesso sulla sinistra dell’opera. Gesù pare rivolgersi proprio a lui. Si tratta della denuncia, che Gesù ripoterà di nuovo in quel luogo da adulto, facendosi “una frusta di cordicelle” (Gv 2,15), del fatto che proprio essi sono coloro che chiudono “il regno dei cieli davanti alla gente” (Mt 23,13). Ad essi un giorno si rivolgerà con la stessa veemenza e la stessa sapienza scritturistica, dicendo: “«Bene ha profetato Isaia di voi, ipocriti, come sta scritto: “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me.”. (Mc 7, 6). In ultimo, e questo l’opera lo esprime distaccando da tutto il collegio il Signore, in una posizione quasi isolata, l’insegnamento di Cristo appariva inevitabilmente anche nuovo, ciò susciterà spesso sorprese reazioni: “Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità” (Mc 1,27). Tra i diversi insegnamenti che susciteranno le maggiori reazioni sdegnate, forse il più sconcertante sarà quello sulla legge di purità: “Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro” (Mc 7, 15). Un’affermazione così categorica e lontana dalla dottrina farisaica che non poteva che suscitare sconcerto e rabbia. Il Veronese, però, senza indagare troppo sulle sfaccettature di questi insegnamenti, vuole semplicemente mostrarci, con l’ampollosità e l’aristocrazia che lo contraddistingue, la continuità della parola Signore con le Scritture e insieme la centralità e novità del suo insegnamento, che poi vuol dire che d’ora in poi non si può proprio fare a meno di lui.
P- Saul Tambini
Paolo Veronese, Disputa di Gesù con i dottori del tempio, 1560, Museo del Prado – Madrid.