Si dice che Simone lo Zelota (oppure il Cananeo) sia stato martirizzato in modo piuttosto atroce, con l’uso di una sega. Qui, nel dipinto tratto dalla serie dedicata agli apostoli conservata a Madrid, il mirabile Rubens lo raffigura con tale attributo iconografico. San Simone viene rappresentato anche però intento nella lettura della Scrittura Sacra. Si tratta di due indicazioni che in qualche modo si attraggono e debbono inevitabilmente associarsi. L’attributo infatti descrive il destino dell’apostolo, il libro tra le mani il modo proprio in cui questo destino è stato voluto, abbracciato e perseguito.
Ora, per quale ragione il credente può decidersi verso una morte così cruenta? Sicuramente Simone deve aver maturato questa convinzione attraverso l’insegnamento del Maestro. Una predicazione a tratti radicale e provocatoria: “Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile” (Mc 9,43).
Seguire Cristo è dunque “entrare nella vita”. Una tale indicazione deve essere stata percepita come un assoluto, che poneva tutto il resto – la mano, l’occhio – in posizione relativa. Una radicalità ben descritta dall’attributo iconografico: ciò che indica la fine della sequela esprime anche l’assolutezza con cui l’apostolo ha seguito il maestro. Simone non sembra del tutto esserne preoccupato, del resto la Parola di Dio per lui è diventata la sua vita, così come recita il salmo: “la tua parola è la mia vita” (Sl 118), siamo davvero certi perciò che la salute basti?
P. Saul Tambini
Pietro Paolo Rubens, Simone lo Zelota (dalla serie dei “Dodici apostoli”),1611, Museo del Prado – Madrid.
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