I dubbi circa l’attribuzione di questa opera al Caravaggio non impediscono di apprezzarne il contenuto artistico e teologico.
L’esposizione alla folla di Gesù da parte di un Pilato raffigurato in solenni e lugubri abiti seicenteschi, pare più un invito ad interrogarsi sulla sua identità e ad entrare nel suo spazio sacro, delimitato dal parapetto.
Cristo stesso dunque si fa beffe di tutti, mentre tutti paiono farsi beffe di lui. Tutti sono, in realtà, uno strumento nelle sue mani legate affinché si compia una volontà più grande, alla quale quella di Cristo stesso si rimette. Peraltro, Gesù aveva appena detto a Pilato che il suo regno non è di questo mondo (Cfr. Gv 18,36), mentre egli retoricamente lo interrogava: “Dunque tu sei Re?” (Gv 18,37). La regalità di Cristo, questa sconcertante versione evangelica di regalità, è tutta nell’impassibile e ascetica postura del Figlio di Dio.
Il gesto solenne di un povero servo – poteva solo essere un servo, poteva solo essere un povero – alle spalle di Gesù, di coprire le sue spalle con un mantello esprime, più di ogni cosa, la possibilità che la fede ci offre di guardare oltre lo sgomento e lo stupore e aderire con compassione evangelica e consapevolezza cristiana al suo regno che, contrariamente a quelli di questo mondo, mai passerà.
P. Saul Tambini
Michelangelo Merisi da Caravaggio, Ecce Homo, 1605, Musei di Strada Nuova – Palazzo Bianco, Genova.