IV di Quaresima – L’Arte racconta la Fede – “Chiunque lo guarderà resterà in Vita”

“Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna” (Gv 3,14). Come sia possibile che un segno di morte possa rappresentare un segno di salvezza è superbamente espresso in questa opera di Antoon van Dick. Gli Israeliti nel deserto sono piagati dalla maledizione dei serpenti, che copiosamente cadono dal cielo, eppure, lo stesso serpente, innalzato da Mosè per ordine divino, diventa esso stesso vera àncora di salvezza, perché “chiunque lo guarderà resterà in vita” (Nm 21, 8). Le parole del Messia a Nicodemo ci immergono nella profondità del mistero della nostra fede: uscire dal nostro dramma non significa fuggire da esso, ma affrontarlo in Cristo e precisamente nella sua Pasqua. Il suo dono sulla croce per noi è un segno non solo eloquente ma anche evidente della grazia. È dinanzi ai nostri occhi, affinché guardandolo aderiamo ad esso con la vita, nelle sue debolezze e contraddizioni, e possiamo trovare in questo stesso segno salvezza e luce. L’arte di Van Dick è quella di mostrarci tutto il dramma della vita e insieme tutta la sua speranza. Gli sguardi dei credenti sono insieme disperati e fiduciosi. La fede cristiana ha questo di proprio: dichiarare la realtà dell’uomo senza alcun ridimensionamento, così com’è, e nello stesso tempo evidenziare tutta la provvidenzialità e opportunità del dono di grazia che è concesso ai credenti. Esso non viene garantito al di fuori della vita, ma profondamente dentro il mistero dell’esistenza. Solo così un segno di morte può diventare un segno di vita.

 

P. Saul Tambini

 

Antoon van Dyck, Il serpente di bronzo, 1618-1620. Museo del Prado – Madrid.

 

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