Ascensione del signore – L’Arte racconta la Fede – «…Verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo.»

Cosa rende speciale quest’opera dello straordinario pittore rinascimentale Melozzo da Forlì? Sicuramente la capacità di influenzare soprattutto con questo affresco l’arte dei periodi successivi, per la personalissima lezione prospettica e il suo carattere fintamente illusionistico, oltre che per uno stile originalissimo. Non solo: la qualità prevalente di Melozzo fu sicuramente la capacità di restituire all’osservatore un’idea acuta del sublime, che si manifesta prevalentemente nella gloria di Dio. Quell’evento della fede che riconosciamo nell’Ascensione del Signore offre qui al grande pittore romagnolo una possibilità unica: quella di poter evidenziare in tutta la sua potenza la realtà di un Messia che, essendosi seduto sul trono (Cfr. Ap, 5,1), non si è separato ma è entrato maggiormente dentro la realtà. Il suo salire in alto – come dissero gli angeli – è per una venuta escatologica ancora più rilevante (Cfr. At 1,11). Ecco dunque lo spettacolo di questa figura maestosa che è sì innalzata, ma tutto di sé protende verso noi. Come dirà Paolo: “Colui che discese è colui che anche ascese al di sopra di tutti i cieli, per essere pienezza di tutte le cose” (Ef 4,10). La mano potente che si erge sul mondo (come non riconoscervi una mano analoga, quella della cappella Sistina, che un ammiratore del pittore forlivese dipingerà?) è segno di una presenza maggiore nel momento di un’evidente assenza. Un’opera che attira definitivamente il nostro sguardo chiede, insomma, come gli angeli agli apostoli, di allontanarci da essa per rispondere all’invito alla fede nel tempo della testimonianza: “Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo” (At 1,11)

P. Saul Tambini

Melozzo da Forlì, Ascensione del Signore, 1480, Palazzo del Quirinale – Roma.

 

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