La chiara influenza leonardesca di questa splendida tavola del troppo trascurato Bernardino Luini non attenua l’efficacia della sua comunicazione teologica. Gesù è tra i dottori della legge. In realtà è un passo avanti a loro, ha abbandonato le discussioni, che invece trattengono i suoi interlocutori, e si rivolge direttamente all’osservatore. Il suo sguardo, insieme sereno e autorevole, chiede conto della sua identità, mentre mostra la chiarezza della consapevolezza acquisita circa il senso della sua missione. Con il gesto delle dita, come nel caso analogo dell’opera di Cima da Conegliano, indica il tre del mistero di Dio che egli è chiamato ad annunciare.
Egli dunque non partecipa più alla discussione circa la legge, il suo insegnamento non avrà più il senso di una riflessione interna alla scrittura, ma è chiamato «a dare pieno compimento» (Mt 5,17) di essa. È dunque tempo di compimento, non è più tempo del «Signore, Signore» (Mt 7, 21), ma di compiere la Parola di Dio, la sua volontà. Così per l’“unico maestro” (Mt 23,10), così per il discepolo: «Chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, egli è per me fratello, sorella e madre» (Mt 12,50). L’insegnamento del Maestro, perciò, si pone non in contrasto con la legge, ma invita tutti noi ad agire su noi stessi. «Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno» (Mt 23,3).
Bernardino Luini, Cristo tra i dottori, 1515-1530, National Gallery – Londra