L’Arte racconta la Fede – Festa dell’Assunzione della B. Vergine Maria

L’Arte racconta la Fede – Festa dell’Assunzione della B. Vergine Maria

Tutto il classicismo del “divino Guido” trova il suo apice nella rappresentazione della Vergine Maria Assunta in cielo. Si tratta di un’opera (con le sue numerosi varianti) che avrà il suo meritato successo anche per via del fatto che segnerà un punto di svolta nella rappresentazione della Vergine. Fino a queste opere mariane di Guidio Reni, Maria veniva rappresentata nel contesto dell’evento della Dormitio Mariae, con tutto il dinamismo che ne consegue: la tomba vuota, gli apostoli sorpresi e devotamente in preghiera, così come descritto in modo mirabile da Tiziano. Ora la vergine Maria si è come iconizzata. Il dinamismo è più semplicemente sintetizzato dalle movenze del suo corpo, il suo sguardo e la postura sono sufficienti sia a concentrare il nostro sguardo sulla centralità del suo ruolo nella nostra vita di fede, sia a cogliere la direzione che deve prendere lo scopo della nostra esistenza: il cielo. Nei successivi anni l’immagine dell’Immacolata si fonderà con questa, ma questa confusione sarà solo apparente: nel cristianesimo il punto di arrivo coincide sempre con il punto di partenza.

P. Saul Tambini

Guido Reni, Assunzione di Maria, 1637, Musée des Beaux-Arts – Lione.

 

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FESTA DELL’ASSUNZIONE DELLA B. VERGINE MARIA

FESTA DELL’ASSUNZIONE DELLA B. VERGINE MARIA

«Il poeta Dante definisce la Vergine Maria «umile e alta più che creatura» (Paradiso XXXIII, 2). È bello pensare che la creatura più umile e alta della storia, la prima a conquistare i cieli con tutta sé stessa, in anima e corpo, trascorse la vita per lo più tra le mura domestiche, nell’ordinarietà, nell’umiltà. Le giornate della Piena di grazia non ebbero molto di eclatante. Si susseguirono spesso uguali, nel silenzio: all’esterno, nulla di straordinario. Ma lo sguardo di Dio è sempre rimasto su di lei, ammirato della sua umiltà, della sua disponibilità, della bellezza del suo cuore mai sfiorato dal peccato.
È un grande messaggio di speranza per ognuno noi; per te, che vivi giornate uguali, faticose e spesso difficili. Maria ti ricorda oggi che Dio chiama anche te a questo destino di gloria. Non sono belle parole, è la verità. Non è un lieto fine creato ad arte, una pia illusione o una falsa consolazione. No, è la pura realtà, viva e vera come la Madonna assunta in Cielo. Festeggiamola oggi con amore di figli, festeggiamola gioiosi ma umili, animati dalla speranza di essere un giorno con lei, in Cielo!»
Papa Francesco, Solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria, 15 agosto 2021
Nella locandina il programma della Solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria che inizia il 14 agosto, alle ore 19, con i primi VESPRI DELLA SOLENNITÀ per continuare alle 21:15 con L’ACCENSIONE DEL FUOCO e la VEGLIA DI PREGHIERA.

XIX T.O. – L’Arte racconta la Fede – «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe?»

XIX T.O. – L’Arte racconta la Fede – «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe?»

Compimento pieno del tenebrismo di Georges de La Tours, quest’opera ci restituisce la vita quotidiana di Gesù nella casa del padre. Ma chi apprende tra i due? il padre osserva attentamente il figlio, che pare istruirlo alla luce di una candela, creando così un clima mistico in un luogo di lavoro che più terreno non può essere. Il padre putativo di Gesù è il primo a comprendere l’istruzione del figlio, chissà se avrà dubitato in cuor suo, come quel giorno gli interlocutori di Cristo: “Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come può dunque dire: sono disceso dal cielo?” (Gv 6,42). 

Fa un certo effetto pensare a quella catechesi del Maestro di Nazareth ora che lo contempliamo nell’umiltà della bottega del padre: “solo colui che viene da Dio ha visto il Padre” (Gv 6,46). Istruire il proprio padre terreno sul Padre celeste, magari non sui banchi di scuola, ma mentre si utilizza un antico tinivello, è stato anche lo scopo del Figlio di Dio. 

Lo è anche di ogni buon credente, che deve riconoscere nella carne di Cristo, alla sua luce, nella semplicità e fatica della propria vita, il Padre celeste, da cui proviene ogni grazia “per la vita del mondo” (Gv 6,51).

P. Saul Tambini

Georges de La Tours, San Giuseppe falegname, 1642, Museo del Louvre – Parigi.

XV III T.O. – L’Arte racconta la Fede – «Io sono il Pane della Vita»

XV III T.O. – L’Arte racconta la Fede – «Io sono il Pane della Vita»

Lo schema è quello leonardesco ma lo stile ha forti richiami raffaelleschi in questa mirabile opera di Joan de Joanes, eccellente pittore rinascimentale spagnolo. Il movimento delle mani, la postura dei corpi, la direzione dello sguardo, la concitata discussione sono volte a creare quel dinamismo interno che deve portare l’osservatore alla medesima adesione di fede degli apostoli. I quali non solo sono portati a guardare all’ostia come quel pane di vita che nel vangelo di Giovanni il Maestro aveva annunciato, ma a guardare a lui come quell’”Io sono” della stessa catechesi. Ci viene suggerito da questa opera che non vi è più altra destinazione del bisogno dell’uomo, non vi è più desiderio umano che possa essere raggiunto prescindendo da questo destino. Il pane di vita è Cristo, altro pane non potrà soddisfare la fame più profonda dell’uomo.  “Diamoci dunque da fare, “non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna” (Gv 6, 27).

P. Saul Tambini

Joan de Joanes, Ultima cena, 1555-1562, Museo del Prado – Madrid.

 

Dedicazione della Basilica Papale di Santa Maria degli Angeli in Porziuncola – Il Perdono di Assisi: «Voglio mandarvi tutti in Paradiso!»

Dedicazione della Basilica Papale di Santa Maria degli Angeli in Porziuncola – Il Perdono di Assisi: «Voglio mandarvi tutti in Paradiso!»

“Voglio mandarvi tutti in paradiso!” esclamò il Poverello di Assisi nel 1216 a Santa Maria degli Angeli, circondato dai vescovi dell’Umbria e davanti ad una devota ed esultante folla. Questo ci restituiscono le storie del perdono che da più di 800 anni ci ricordano un evento che si attualizza nella grazia dell’Indulgenza di Assisi. Una grazia che la preghiera di Francesco ha ottenuto dal Papa ma che prima ha sperimentato di persona. Questa magnifica opera di Federico Barocci ci ricorda proprio l’esperienza mistica di San Francesco, quando ottenne da Dio misericordia per lui e per tutti coloro che avrebbero visitato il luogo santo della Porziuncola. La tela cerca di mostrarci quanto l’esperienza del perdono ci offra l’occasione di una comunione insperata e lieta con Dio, portando un po’ quaggiù la felicità del paradiso.

Auguri di buona festa del Perdono di Assisi.

P. Saul Tambini

Federico Barocci, Il perdono di Assisi, 1574-1576, Urbino – Chiesa di San Francesco.

XXI T.O. – L’Arte racconta la Fede – «Ascoltatemi tutti e comprendete bene!»

XXI T.O. – L’Arte racconta la Fede – «Ascoltatemi tutti e comprendete bene!»

La nota monumentalità del Veronese, ci permette di assistere ad una scena celebre: il ritrovamento di Gesù a Gerusalemme, nel tempio, tra i dottori della legge. Sullo sfondo possiamo scorgere Maria che, finalmente, raggiunge e riconosce suo figlio. Ma al grande artista veneto interessa maggiormente il significato di questo evento. Pone perciò Gesù al centro, su un piano rialzato, mentre indica chiaramente il cielo e si confronta con autorevolezza con i suoi interlocutori Questi sono tutti indaffarati a indagare nella Scrittura la veridicità dell’insegnamento di colui che, più tardi, diventerà Maestro che “parla con autorità” (Cfr. Mc 1,22). Dunque, il Caliari ci mostra questa scena più come un insegnamento autorevole, che come un ritrovamento vero e proprio. In questa scena così maestosa e cattedratica, la concitazione generale che Gesù scatena vuole mostrare tutta la novità di questo insegnamento e soprattutto evidenziare che esso non è in contraddizione con le Scritture ma il suo più autentico compimento. Più tardi, nel discorso della montagna, il Signore lo riaffermerà. Perché dunque la concitazione, l’agitazione generale? Lo possiamo desumere in parte da questa magnifica opera. Al centro esatto di essa, ai piedi del fanciullo di Nazareth, troviamo una clessidra. Gesù intende presentarsi come compimento di un piano divino, che non può che suscitare sgomento e preoccupazione. Poi vediamo un uomo che indica se stesso sulla sinistra dell’opera. Gesù pare rivolgersi proprio a lui. Si tratta della denuncia, che Gesù ripoterà di nuovo in quel luogo da adulto, facendosi “una frusta di cordicelle” (Gv 2,15), del fatto che proprio essi sono coloro che chiudono “il regno dei cieli davanti alla gente” (Mt 23,13). Ad essi un giorno si rivolgerà con la stessa veemenza e la stessa sapienza scritturistica, dicendo: “«Bene ha profetato Isaia di voi, ipocriti, come sta scritto: “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me.”. (Mc 7, 6). In ultimo, e questo l’opera lo esprime distaccando da tutto il collegio il Signore, in una posizione quasi isolata, l’insegnamento di Cristo appariva inevitabilmente anche nuovo, ciò susciterà spesso sorprese reazioni: “Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità” (Mc 1,27). Tra i diversi insegnamenti che susciteranno le maggiori reazioni sdegnate, forse il più sconcertante sarà quello sulla legge di purità: “Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro” (Mc 7, 15). Un’affermazione così categorica e lontana dalla dottrina farisaica che non poteva che suscitare sconcerto e rabbia. Il Veronese, però, senza indagare troppo sulle sfaccettature di questi insegnamenti, vuole semplicemente mostrarci, con l’ampollosità e l’aristocrazia che lo contraddistingue, la continuità della parola Signore con le Scritture e insieme la centralità e novità del suo insegnamento, che poi vuol dire che d’ora in poi non si può proprio fare a meno di lui.

P- Saul Tambini

Paolo Veronese, Disputa di Gesù con i dottori del tempio, 1560, Museo del Prado – Madrid.

XVII T.O. – L’Arte racconta la Fede – «Cos’è questo per tanta gente?»

XVII T.O. – L’Arte racconta la Fede – «Cos’è questo per tanta gente?»

Questa edificante e graziosa tela del pittore fiammingo Ambrosius Francken I, centralizzando la figura ieratica e solenne di Cristo, vuole farci edotti, ben prima degli apostoli e dei convenuti nel lussureggiante deserto della moltiplicazione dei pani e dei pesci, che il senso e lo scopo di quel miracolo era proprio il Figlio di Dio. Visto la concitata discussione in cui sono coinvolti, i suoi discepoli avranno la necessità di ricevere abbondante istruzione sul significato di quel gesto, che in ultimo ha a che fare con l’identificazione di Cristo con quel pane, anzi con un pane di vita eterna che quel pane è lì a simboleggiare. Il Maestro lo indica con la sua mano sinistra, mentre un apostolo, Andrea, sembra proprio dire, come nell’episodio evangelico: “cos’è questo per tanta gente?”.  Una figura piccola, devotamente inginocchiata, che guarda verso l’osservatore, sulla sinistra della tela, suggerisce con il suo sguardo, pieno di fede e di consapevolezza, la risposta che nessun apostolo lì ha saputo dare. P. Saul Tambini Ambrosius Francken I, La moltiplicazione dei pani e dei pesci, 1544, Royal Museum of Fine Arts – Anversa.  

Solennità del Perdono: Triduo di preparazione

Solennità del Perdono: Triduo di preparazione

Lunedì 29 luglio, alle ore 21:15, con il Triduo di preparazione presieduto dal Rev. do fr. FRANCESCO PATTON OFM, iniziano le celebrazioni della Solennità del Perdono.
 
 
“Il Perdono sia per tutti, raggiunga ogni ferita, le renda sorgenti di vita.
Buon Perdono!”

XVI T.O. – L’Arte racconta la Fede – «Venite in disparte, …»

XVI T.O. – L’Arte racconta la Fede – «Venite in disparte, …»

Cosmè Tura è stato grande pittore di corte ma di spiccata personalità, che riversava in uno stile netto e deciso. I suoi personaggi non sono mai comuni e non lasciano mai indifferenti. È il caso di questo San Girolamo che appare insolitamente forte e determinato, contrariamente al tema che dovrebbe rappresentare, e con cui solitamente si dipinge il santo illirico, quello del ritiro, della penitenza e della solitudine. Si tratta però di uno stile che esprime bene il senso di ciò che Girolamo cercava nel deserto e che non poteva trovare evidentemente altrove. Pensiamoci bene: l’apostolo per definizione non potrebbe stare dove si trova Girolamo, la sua parola, la sua testimonianza deve solcare i mari, attraversare strade, annunciarsi nelle piazze. L’evangelo vive necessariamente della sua comunicazione. Qui Girolamo, brandendo la pietra della penitenza, lasciando i libri sacri chiusi ai suoi piedi, e accantonato l’inutile cappello cardinalizio, con un’eloquente civetta alle sue spalle (la prioritaria della vita ascetica!), comunica appunto esattamente l’opposto: il Vangelo vive anzitutto della sorgente da cui proviene e dunque di ritiro, di silenzio, vive dell’invito del Signore di andare senza aver nulla con sé, ma anche dell’invito di venire “in disparte, voi soli, in un luogo deserto” (Mc 6,31). L’impetuoso Girolamo del grande pittore ferrarese vuole dunque comunicarci che solo riscoprendo la centralità della preghiera e del silenzio possiamo di nuovo recuperare quell’inesausta forza che il Vangelo può ancora farci sperimentare.

P. Saul Tambini

Cosmè Tura, San Girolamo penitente, 1470, National Gallery – Londra.

XV T.O. – L’Arte racconta la Fede – L’annuncio degli apostoli

XV T.O. – L’Arte racconta la Fede – L’annuncio degli apostoli

L’ultima opera di Dürer è destinata alla celebrazione di quattro apostoli, meglio: quattro santi testimoni. Si tratta infatti di Giovanni, Pietro, Marco e Paolo.

La città dove viveva l’artista aderiva in quei giorni alla Riforma, così si può immaginare il disagio che poteva vivere un pittore affermato a vedere la sua opera essere facilmente preda di attacchi iconosclasti. Questa mirabile opera, mettendo al centro non Cristo ma i suoi testimoni, ci mostra il senso ultimo della fede come adesione alla parola del testimone e insieme il senso ultimo dell’arte sacra come affermazione della Parola, non come sua sostituta. Lo scopo dell’arte dunque è il medesimo di quello del testimone della fede: annunciare la Parola. Si tratta anch’essa di una parola sulla Parola.  L’arte è testimone della fede come lo è l’annuncio dell’apostolo. Per la nostra fede impossibile sostituire il testimone, per la nostra fede impossibile cancellare il ruolo e lo scopo dell’arte.

P. Saul Tambini

Albrecht Dürer, Quattro apostoli, 1526, Alte Pinakothek – Monaco.

Via Capitolo delle Stuoie, 13
Santa Maria degli Angeli Assisi (PG)

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Tel: 075/8051240075/8244778

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